Biografia di Arrigo Cajumi
Nazione: Italia
Arrigo Cajumi nacque a Torino il 22 ottobre 1899 e morì a Milano il 7 ottobre 1955. Fu scrittore, giornalista e critico letterario.
Iniziò gli studi di ragioneria, ma li interruppe per partecipare volontario alla Prima guerra mondiale. Li riprese poi nel 1918, conseguendo il diploma di ragioniere e l'abilitazione all'insegnamento del francese, ma una forte vocazione giornalistica lo spinse nel 1921 a entrare nella redazione de La Stampa, diretta da Luigi Einaudi e poi da Alfonso Frassati, dove si distinse subito con la critica letteraria influenzata da Sainte-Beuve e Ferdinando Neri.
Influenzato dalla scuola gobettiana, collaborò con Piero Gobetti a La rivoluzione liberale e al Baretti, mantenendo una fedeltà stretta a questi ideali liberali contro l'estetica idealistica.
Nel 1925, per i suoi interessi politici, fu inviato da La Stampa all'estero, prima in Inghilterra che amava per la sua civiltà, poi a Parigi e Ginevra, mentre nel 1934-35 divenne condirettore de La cultura insieme a Cesare De Lollis, Mario Pannunzio e Sergio Solmi dopo la morte del fondatore.
Durante il fascismo animò la rivista soppressa nel 1935, scrivendo su autori francesi come Marcel Proust, George Sand, Maurice Barrès ed Ernest Renan, e fu il primo in Italia a valorizzare La rivolta nel deserto di Lawrence d'Arabia con una prefazione nel 1930.
Lasciata La Stampa nel 1928, lavorò come vicedirettore presso Bemporad a Firenze e Treves a Milano, entrando poi nel mondo industriale come amministratore delegato della Cokitalia e vicepresidente del Comitato produttori coke di Torino.
Nel dopoguerra tornò al giornalismo con La nuova Europa, lo stato moderno da lui fondato a Milano, Il mondo di Mario Pannunzio dove teneva la rubrica Pot-Pourri, e come critico teatrale de L'Illustrazione Italiana, oltre a collaborare nuovamente con La Stampa dal 1945. Pubblicò opere come il romanzo Il passaggio di Venere e Pensieri di un libertino che riflette la sua personalità controcorrente, e curò edizioni di Francesco Domenico Guerrazzi, confermando il suo ruolo di intellettuale acuto e impertinente nella cultura liberale italiana.
Iniziò gli studi di ragioneria, ma li interruppe per partecipare volontario alla Prima guerra mondiale. Li riprese poi nel 1918, conseguendo il diploma di ragioniere e l'abilitazione all'insegnamento del francese, ma una forte vocazione giornalistica lo spinse nel 1921 a entrare nella redazione de La Stampa, diretta da Luigi Einaudi e poi da Alfonso Frassati, dove si distinse subito con la critica letteraria influenzata da Sainte-Beuve e Ferdinando Neri.
Influenzato dalla scuola gobettiana, collaborò con Piero Gobetti a La rivoluzione liberale e al Baretti, mantenendo una fedeltà stretta a questi ideali liberali contro l'estetica idealistica.
Nel 1925, per i suoi interessi politici, fu inviato da La Stampa all'estero, prima in Inghilterra che amava per la sua civiltà, poi a Parigi e Ginevra, mentre nel 1934-35 divenne condirettore de La cultura insieme a Cesare De Lollis, Mario Pannunzio e Sergio Solmi dopo la morte del fondatore.
Durante il fascismo animò la rivista soppressa nel 1935, scrivendo su autori francesi come Marcel Proust, George Sand, Maurice Barrès ed Ernest Renan, e fu il primo in Italia a valorizzare La rivolta nel deserto di Lawrence d'Arabia con una prefazione nel 1930.
Lasciata La Stampa nel 1928, lavorò come vicedirettore presso Bemporad a Firenze e Treves a Milano, entrando poi nel mondo industriale come amministratore delegato della Cokitalia e vicepresidente del Comitato produttori coke di Torino.
Nel dopoguerra tornò al giornalismo con La nuova Europa, lo stato moderno da lui fondato a Milano, Il mondo di Mario Pannunzio dove teneva la rubrica Pot-Pourri, e come critico teatrale de L'Illustrazione Italiana, oltre a collaborare nuovamente con La Stampa dal 1945. Pubblicò opere come il romanzo Il passaggio di Venere e Pensieri di un libertino che riflette la sua personalità controcorrente, e curò edizioni di Francesco Domenico Guerrazzi, confermando il suo ruolo di intellettuale acuto e impertinente nella cultura liberale italiana.
Frasi di Arrigo Cajumi
Per ora abbiamo un totale di 2 frasi.
Ove necessario le abbiamo suddivise in pagine da 50 frasi ciascuna.
Intanto te ne inseriamo una qui come stuzzichino.
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L'ipocrisia è il preludio alla castrazione intellettuale.
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