Frasi di Arthur Schopenhauer

151/207

La più umile specie di superbia è l'orgoglio nazionale. In chi ne è affetto esso rivela infatti la mancanza di qualità individuali delle quali potrebbe andare orgoglioso; altrimenti non ricorrerebbe a ciò che condivide con tanti milioni di individui.

152/207

La qualità più utile alla nostra felicità è quella di bastare a noi stessi, di essere tutto a noi stessi in ogni cosa e di poter dire omnia mea mecum porto.

153/207

La ricchezza assomiglia all'acqua di mare: quanto più se ne beve, tanto più si ha sete.

154/207

La salute sta tanto al di sopra di tutti i beni esteriori che in verità un mendico sano è più felice di un re malato.

155/207

La solitudine è la sorte di tutti gli spiriti eminenti: talvolta essi ne sospireranno, ma la sceglieranno sempre come il minore di due mali.

156/207

La sorte più felice tocca a colui che passa la vita senza eccessivi dolori sia spirituali sia fisici, non già a colui che ha avuto in sorte le gioie più vive o i maggiori godimenti.

157/207

La vita negli anni della vecchiaia assomiglia al quinto atto di una tragedia: si sa che la fine tragica è vicina, ma non si sa ancora quale sarà.

158/207

La vita umana non può dirsi a rigore né lunga né breve, perché è in fondo la misura con cui valutiamo tutte le altre estensioni nel tempo.

159/207

L'affettare una qualità, il gloriarsene, è un confessare che non la si possiede.

160/207

L'errore nasce sempre dalla tendenza dell'uomo a dedurre la causa della conseguenza.

161/207

L'invidia è naturale all'uomo: tuttavia è un vizio e una disgrazia allo stesso tempo.

162/207

Lo stolto corre dietro ai piaceri della vita e si trova ingannato. Il saggio evita i mali.

163/207

L'onore è la coscienza esterna e la coscienza l'onore interno.

164/207

L'ottusità dello spirito va sempre unita all'ottusità del sentimento e alla mancanza di sensibilità.

165/207

La via più sicura per evitare una grande infelicità è di ridurre possibilmente le proprie pretese in rapporto ai propri mezzi di qualunque specie.

166/207

Le decorazioni sono lettere di cambio emesse sulla pubblica opinione: il loro valore si basa sul credito di chi li emette.

167/207

Le persone comuni mirano soltanto a passare il tempo. Chi ha un po' d'ingegno a utilizzarlo.

168/207

Né amare né odiare: questa è la metà di ogni saggezza. Nulla dire e nulla credere è l'altra metà. Certo però si volgeranno volentieri le spalle a un mondo che rende necessarie norme come questa.

169/207

Nel mondo non si ha altra scelta che quella tra la solitudine e la volgarità.

170/207

Nella conversazione ci si astenga da osservazioni intese a correggere, per quanto a fin di bene: poiché offendere la gente è facile, migliorarla è difficile, se non impossibile.

171/207

Nella vita accade come nel gioco degli scacchi: noi abbozziamo un piano, ma esso è condizionato da ciò che si compiacerà di fare nel gioco degli scacchi l'avversario, nella vita il destino.

172/207

Nessun carattere è tale che possa essere abbandonato a se stesso, ma sempre ha bisogno di essere guidato con massime e concetti.

173/207

Nessuno può vedere al di là di sé. Con ciò voglio dire che ciascuno vede nell'altro solo quel tanto che è anche lui stesso.

174/207

Non c'è denaro impiegato più vantaggiosamente di quello che ci siamo lasciati togliere per via d'imbrogli: con esso infatti abbiamo immediata saggezza.

175/207

Non chi ha il volto ringhioso, ma chi lo ha intelligente, appare temibile e pericoloso: come è certo che il cervello dell'uomo è un'arma più terribile dell'artiglio di un leone.

176/207

Per non diventare molto infelici il mezzo più sicuro sta nel non pretendere di essere molto felici.

177/207

Per quanto l'amicizia, l'amore e il matrimonio uniscano gli uomini strettamente, in fondo ciascuno è interamente onesto soltanto con se stesso.

178/207

Per vivere nel mondo è necessario prendere con sé una grande provvista di previdenza e d'indulgenza: la prima ci preserva da danni e perdite, la seconda da liti e brighe.

179/207

Quando si vogliono valutare le condizioni di un uomo in quanto alla sua felicità, non bisogna chiedere che cosa lo diverta, ma che cosa lo rattristi.

180/207

Quando una disgrazia è accaduta e non si può più mutare, non ci si dovrebbe permettere neanche il pensiero che le cose potevano andare diversamente o addirittura essere evitate: esso infatti aumenta il dolore fino a renderlo intollerabile.

181/207

Quanto più ristretto è il nostro orizzonte, la nostra cerchia di attività e di contatti, tanto più siamo felici: quanto più è larga, tanto più spesso ci sentiamo tormentati o angosciati.

182/207

Quasi la metà di tutte le nostre angosce e le nostre ansie derivano dalla nostra preoccupazione per l'opinione altrui.

183/207

Quello che la gente comunemente chiama destino è costituito per lo più dalle proprie stupide gesta.

184/207

Se la qualità della società si potesse sostituire con la quantità, metterebbe conto vivere nel gran mondo: purtroppo invece cento imbecilli messi in un mucchio non danno ancora un uomo intelligente.

185/207

Tutto ciò che accade, dalle cose più grandi a quelle più piccole, accade necessariamente.

186/207

Una tipica differenza che assai spesso emerge nella vita quotidiana tra persone comuni e persone intelligenti è che le prime, nel riflettere e calcolare possibili pericoli, si limitano a informarsi e a considerare i casi del genere che già sono accaduti; le seconde invece ponderano ciò che eventualmente potrebbe accadere.

187/207

Davanti a un'opera d'arte bisogna comportarsi come di fronte a un principe e mai prendere la parola per primi. Altrimenti si rischia di sentire soltanto la propria voce.

188/207

Desiderare l'immortalità è desiderare la perpetuazione in eterno di un grande errore.

189/207

Fenomeno è rappresentazione e nulla più; e ogni rappresentazione, ogni oggetto di qualsiasi specie è fenomeno. Cosa in sé è soltanto la volontà che a tal titolo non è affatto fenomeno, anzi ne differisce toto genere. La volontà è la sostanza intima, il nocciolo di ogni cosa particolare e del tutto; è quella che appare nella forza naturale cieca, e quella che si manifesta nella condotta ragionata dell'uomo.

190/207

Volere il meno possibile e conoscere il più possibile è la massima che ha guidato la mia vita. La Volontà è infatti l'elemento assolutamente infimo e spregevole in noi: bisogna nasconderlo come si nascondono i genitali, benché siano entrambi le radici del nostro essere.

191/207

La mia vita è eroica, e non si può valutare con un metro da filisteo o con il cubino del bottegaio, né con una misura proporzionata alla gente comune, che non vive altra esistenza se non quella individuale, limitata a un breve lasso di tempo.
Per questo non devo turbarmi se penso a quanto mi manchi ciò che fa parte della regolare vita dell'individuo: ufficio, casa, vita sociale, moglie e prole.
L'esistenza degli esseri comuni si risolve in questo.

192/207

La mia vita è una vita intellettuale, il cui imperturbato procedere e l'indisturbata operosità devono dare frutto nei pochi anni della piena forza mentale e del suo libero impiego per arricchire secoli dell'umanità.
La mia vita personale è soltanto la base di questa vita intellettuale, la conditio sine qua non – un elemento del tutto subordinato.

193/207

Il conflitto interno della volontà oggettivandosi in tutte queste idee si manifesta nella implacabile guerra di sterminio che sifanno a vicenda gli individui di quelle specie.
Il teatro e l'oggetto di questa lotta è la materia, di cui gli avversari cercano di strapparsi a viva forza il possesso; è il tempo e lo spazio, la cui riunione nella forma di causalità costituisce propriamente la materia.

194/207

Il dolore è in effetti il processo di purificazione che solo permette, nella maggior parte dei casi, di santificare l'uomo, di distoglierlo cioè dalla volontà di vita. Perciò nei libri di edificazione cristiana viene così spesso nominata la virtù salvatrice della croce e del dolore, e molto propriamente la croce, strumento di sofferenza e non di azione, è il simbolo della religione cristiana.

195/207

Il mondo è solo una mia rappresentazione.

196/207

Il nucleo e lo spirito più profondo del cristianesimo è identico a quello del bramanesimo e del buddismo: tutti insegnano la grave colpa della razza umana causata dalla sua semplice esistenza.

197/207

Il protestantesimo, eliminando l'ascesi e il suo punto centrale, cioè i meriti del celibato, ha di fatto rinunciato al nucleo più profondo del cristianesimo, e deve quindi venire considerato uno scarto di questo. Può essere una buona religione per pastori protestanti amanti della comodità, sposati e illuminati: ma non è cristianesimo.

198/207

In genere è consigliabile palesare la propria intelligenza con quello che si tace piuttosto che con quello che si dice. La prima alternativa è saggezza, la seconda è vanità.

199/207

I pensieri muoiono nel momento in cui prendono forma le parole.

200/207

Un hombre puede ser él mismo mientras está solo; si no ama la soledad, no amará la libertad; porque sólo cuando se está solo se es realmente libre.


Biografia di Arthur Schopenhauer