Frasi di Albert Einstein
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La gente come noi, benché mortale come tutta l'umanità, non invecchia per quanto a lungo viva. Voglio dire che non smettiamo mai di osservare come dei bambini incuriositi il grande mistero che ci circonda. Quindi si crea intorno a noi uno spazio che ci separa da tutto ciò che è insoddisfacente nella sfera umana, è questo è già un gran bene.
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Con la più profonda ammirazione e stima fraterna Le stringo la mano in occasione del Suo ottantesimo compleanno. Non conosco altri che unisca doti intellettuali così eccezionali a un tale spirito di abnegazione, mentre trova il significato completo della vita nel servire umilmente la comunità. Noi, tutti noi, La ringraziamo non solo per quello che ha fatto e raggiunto, ma anche perché ci rallegriamo che un uomo simile esista tra di noi in questa nostra epoca così priva di autentiche personalità.
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È fondamentale quindi la tolleranza per l'individuo da parte della società e dello stato. Indubbiamente lo stato serve a garantire all'individuo quella sicurezza indispensabile per il suo sviluppo. Ma quando lo stato diventa l'elemento principale e l'individuo si trasforma in uno strumento privo di volontà propria, allora si perdono tutti i valori più elevati. Come la roccia deve frantumarsi prima che gli alberi possano mettervi radici, come la terra viene arata perché possa dar frutto, così infatti la società umana dà risultati veramente significativi solo quando è sufficientemente dissodata per rendere possibile il libero sviluppo delle capacità individuali.
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La filosofia è come una madre che ha dato alla luce tutte le altre scienze, dotandole di caratteristiche diverse. Quindi, sebbene nuda e povera non merita il nostro disprezzo; dobbiamo invece sperare che una parte del suo ideale donchisciottesco sopravviva nei figli, impedendo loro di cadere nel filisteismo.
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Comparve Hitler, un uomo di limitate capacità intellettuali, inadatto a qualsiasi lavoro utile, pieno di invidia e di amarezza contro tutti quelli che erano stati favoriti più di lui dalla natura e dal destino. [...] odiava più di qualsiasi altra cosa proprio quella cultura e quella educazione che gli erano state negate per sempre. Nella sua disperata ambizione di potere scoprì che i suoi discorsi sconnessi e pervasi dall'odio suscitavano gli applausi frenetici di quanti si trovavano nelle sue stesse condizioni e condividevano le sue opinioni. Raccattava questi relitti della società per la strada, nelle osterie, organizzandoli intorno a sé. In questo modo avviò la sua carriera politica. Ma ciò che veramente lo portò a diventare un Führer era il suo odio acerrimo contro ogni cosa di origine straniera e specialmente contro una minoranza inerme, gli ebrei tedeschi. La loro sensibilità intellettuale lo metteva a disagio e la considerava, non del tutto erroneamente, non tedesca.
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Coloro a cui le circostanze esteriori consentono un'esistenza apparentemente sicura non potranno mai capire che cosa significasse quest'uomo per i suoi fratelli imprigionati nella Germania e minacciati dall'inevitabile distruzione. Ritenne fosse suo dovere rimanere e sopportare le spietate persecuzioni al fine di dare ai suoi fratelli un appoggio morale fino all'ultimo. Noncurante del pericolo, trattò con i rappresentanti di un governo formato da assassini brutali, conservando in ogni circostanza la dignità sua e del suo popolo.
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La teoria della relatività è strettamente connessa con la teoria dello spazio e del tempo. Inizierò quindi con una breve analisi dell'origine delle nostre idee sullo spazio e sul tempo, anche se mi rendo conto che, così facendo, mi addentro in un terreno controverso. Oggetto di tutte le scienze, delle scienze della natura come della psicologia, è il tentativo di coordinare le esperienze e di organizzarle in un sistema logico. ma in che modo le nostre abituali idee di spazio e di tempo sono legate al carattere delle nostre esperienze?
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Per grandi densità del campo e della materia, le equazioni di campo, e probabilmente anche le variabili del campo che intervengono in esse, non avranno significato reale. Pertanto, non si può supporre che le equazioni valgano per densità elevate del campo o della materia, né si può concludere che l'"inizio dell'espansione" [dell'universo] debba corrispondere a una singolarità in senso matematico. Si deve solo ricordare che le equazioni [di campo] non possono essere estese a queste regioni. Questa considerazione, tuttavia, non altera il fatto che l'"origine del mondo" costituisce realmente un inizio, dal punto di vista dello sviluppo delle stelle e dei sistemi di stelle attualmente esistenti, prima del quale tali stelle e tali sistemi di stelle ancora non esistevano come entità individuali.
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Si possono avere buone ragioni per sostenere che la realtà non può essere rappresentata da un campo continuo. I fenomeni quantistici sembrano dimostrare con certezza che un sistema finito di energia finita può essere completamente descritto da un insieme finito di numeri (numeri quantici). Questo non sembra in accordo con una teoria del continuo, e deve quindi spingere alla ricerca di una teoria puramente algebrica in grado di descrivere la realtà: Ma nessuno sa come si possono ottenere le basi per una teoria di questo tipo.
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Sono riuscito a dimostrare, con un calcolo semplice, che le equazioni di gravitazione valgono per ogni sistema di riferimento che soddisfi a queste condizioni. Ne consegue che esistono trasformazioni d'accelerazione di varia natura, che mutano le equazioni in sé stesse (tra queste, ad esempio, le rotazioni), cosicché l'ipotesi di equivalenza si conserva nella sua forma più primitiva, e perfino in misura insospettabilmente ampia.
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Di quando in quando, ora mi ritiro per qualche settimana nella casa d'una tenuta di campagna, tutto solo, cucinandomi quel che mi occorre, come gli eremiti dell'antichità. Così noto con sorpresa quanto è lungo un giorno e quanto vano, perlopiù, l'affaccendarsi alacre e odioso che riempie il nostro tempo. [5 gennaio 1929]
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So che per l'Italia tu nutri un'attrazione incurabile, così come molti ebrei tedeschi per la Germania. Questo genere di debolezza sentimentale è da ricondurre alla nostra nostalgia per una dimora stabile su questa terra effimera, in questo illudendoci, a torto, che i goyim [i non-ebrei] ne abbiano una e solo noi no. Credo però che non sia una vera patria una terra dove un uomo di buon senso non può nemmeno aprire il becco. [8 agosto 1938]
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Qualcosa di vero forse c'è, nei ragionamenti di Eddington. Mi è sempre sembrato un uomo di non comune ingegno, ma di scarso senso critico. Non obbligherei nessuno a sacrificargli tempo e fatica; disinteresse e altruismo hanno, giustamente, dei limiti. Con la sua filosofia mi ricorda una "prima ballerina", nemmeno lei in fondo convinta che i suoi eleganti saltelli abbiano una vera ragione d'essere. [29 luglio 1953]
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Raramente la capacità di condurre una vita in armonia è congiunta a un'intelligenza acuta come la sua, ma in lui questo inusuale incontro aveva avuto luogo, Quel che più ammiravo, nell'uomo, è l'esser riuscito a vivere molti anni non solo in pace ma addirittura in accordo costante con una donna; un'impresa nella quale io per due volte ho miseramente fallito. [lettera di condoglianze al figlio e alla sorella, 21 marzo 1955]
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Il senso di ciò che è giusto o ingiusto cresce e muore come fa un albero, e a ben poco giova qualsiasi genere di concime. Tutto ciò che il singolo può fare è di dare il buon esempio e di avere il coraggio di sostenere con serietà le convinzioni etiche in una società di cinici. Da lungo tempo mi sono sforzato (con alterno successo) di comportarmi in questo senso. [7 settembre 1944]
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Non posso prendere molto sul serio il fatto che ti senti "troppo vecchio", perché capita anche a me. È un sentimento che ogni tanto (sempre più spesso) riemerge per poi scomparire di nuovo. Possiamo tranquillamente lasciare alla natura il compito di ridurci in polvere un po' alla volta, posto che non preferisca usare sistemi più rapidi. [7 settembre 1944]
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Le nostre prospettive scientifiche sono ormai agli antipodi. Tu ritieni che Dio giochi a dadi col mondo; io credo invece che tutto ubbidisca a una legge, in un mondo di realtà obiettive che cerco di cogliere per via furiosamente speculativa. Lo credo fermamente, ma spero che qualcuno scopra una strada più realistica o meglio un fondamento più tangibile di quanto non abbia saputo fare io. Nemmeno il grande successo iniziale della teoria dei quanti riesce a convincermi che alla base di tutto vi sia la casualità, anche se so bene che i colleghi più giovani considerano quest'atteggiamento come un effetto della sclerosi. Un giorno si saprà quale di questi due atteggiamenti istintivi sarà stato quello giusto. [7 settembre 1944]