Biografia di Claude-Henri de Rouvroy
Nazione: Francia
Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon, nacque a Parigi il 17 ottobre 1760 e morì, sempre a Parigi, il 19 maggio 1825. Fu un filosofo.
Nacque in una nobile famiglia legata alla grande casata dei Rouvroy, dalla quale discendeva anche il celebre memorialista duca di Saint-Simon. Fin da giovanissimo mostrò spirito irrequieto e curiosità per le scienze e le tecniche: la tradizione biografica racconta che, ancora ragazzo, dichiarò di voler essere più famoso di Carlo Magno, segno di un'ambizione che lo spinse presto fuori dai confini della vita aristocratica tradizionale.
Adolescente durante gli anni che precedettero la Rivoluzione francese, venne avviato alla carriera militare e, poco più che ventenne, partecipò alla guerra d'indipendenza americana, combattendo agli ordini di La Fayette al fianco delle colonie ribelli contro la Gran Bretagna, esperienza che lo mise a contatto con ideali di riforma politica e di libertà civile destinati a influenzare la sua visione del mondo.
Rientrato in Europa, viaggiò a lungo nei principali paesi del continente, in particolare in Spagna, Germania e Paesi Bassi, interessandosi alla costruzione di canali, alle infrastrutture idrauliche e ai primi sviluppi dell'industria, e maturando la convinzione che il progresso tecnico e scientifico fosse la chiave per riorganizzare la società.
Durante la Rivoluzione francese perse gran parte dei suoi beni a causa delle trasformazioni politiche e della fine dei privilegi nobiliari, ma sotto il Direttorio riuscì a ricostruire una fortuna personale grazie alla speculazione finanziaria e agli affari, per poi perderla nuovamente in età napoleonica, scivolando in una situazione economica precaria che lo costrinse a vivere, negli ultimi anni, con il sostegno di pochi amici e discepoli.
In questo periodo intrattenne contatti con ambienti scientifici e intellettuali parigini, probabilmente allievo o comunque vicino a d'Alembert, e si dedicò sempre più a un lavoro teorico sistematico sulla società industriale nascente.
A partire dai primi anni dell'Ottocento pubblicò una serie di scritti che gettarono le basi di quella che definì filosofia positiva applicata alla società: nella Lettre d'un habitant de Genève à ses contemporains (1803) e nei Mémoire sur la science de l'homme (1811) delineò l'idea che i problemi sociali dovessero essere affrontati con lo stesso rigore scientifico riservato alle scienze naturali.
Opere come Introduction aux travaux scientifiques du XIXe siècle (1808), Réorganisation de la société européenne (1814), scritta con Augustin Thierry, e i tre volumi del Du système industriel (1821‑1822) svilupparono la sua concezione di una società guidata dagli "industriali", cioè da scienziati, tecnici, imprenditori e lavoratori produttivi, in opposizione ai ceti parassitari dell'aristocrazia e del clero.
Saint‑Simon sosteneva che la funzione del potere politico dovesse essere quella di organizzare la produzione e garantire il miglioramento delle condizioni di vita delle classi più povere, anticipando così temi che verranno ripresi dal socialismo successivo e influenzando in modo diretto il giovane Auguste Comte, suo segretario e collaboratore per alcuni anni.
Nella celebre riflessione apparsa sul periodico L'Organisateur (1819) formulò l'idea che la Francia non subirebbe un grave danno se perdesse d'un colpo migliaia di funzionari politici e religiosi, mentre il paese sarebbe devastato dalla perdita di un pari numero di scienziati, ingegneri e artigiani altamente qualificati, riaffermando la centralità del lavoro produttivo e della competenza tecnica.
Negli ultimi anni accentuò la dimensione etico‑religiosa del suo pensiero nel Catéchisme des industriels (1823) e soprattutto nel Nouveau christianisme (pubblicato postumo nel 1825), dove interpretava il messaggio evangelico come un appello a considerare tutti gli uomini fratelli e a orientare la società verso il bene dei più poveri, proponendo una sorta di "nuovo cristianesimo" sociale.
Attorno a lui si raccolse un piccolo gruppo di discepoli che dopo la sua morte trasformò le sue intuizioni in un movimento politico‑religioso, il sansimonismo, attivo nella prima metà dell'Ottocento, che ebbe influenza anche su grandi progetti ingegneristici come i canali di Suez e di Panama e fu oggetto di critiche da parte di filosofi come Antonio Rosmini.
Il conte di Saint-Simon morì a Parigi il 19 maggio 1825, lasciando un pensiero che, pur spesso definito socialismo utopistico, è oggi riconosciuto come una delle matrici principali del socialismo francese (di cui è ritenuto fondatore) e del positivismo sociale, nonché un momento decisivo nella nascita dell'idea di società industriale organizzata su basi scientifiche.
Nacque in una nobile famiglia legata alla grande casata dei Rouvroy, dalla quale discendeva anche il celebre memorialista duca di Saint-Simon. Fin da giovanissimo mostrò spirito irrequieto e curiosità per le scienze e le tecniche: la tradizione biografica racconta che, ancora ragazzo, dichiarò di voler essere più famoso di Carlo Magno, segno di un'ambizione che lo spinse presto fuori dai confini della vita aristocratica tradizionale.
Adolescente durante gli anni che precedettero la Rivoluzione francese, venne avviato alla carriera militare e, poco più che ventenne, partecipò alla guerra d'indipendenza americana, combattendo agli ordini di La Fayette al fianco delle colonie ribelli contro la Gran Bretagna, esperienza che lo mise a contatto con ideali di riforma politica e di libertà civile destinati a influenzare la sua visione del mondo.
Rientrato in Europa, viaggiò a lungo nei principali paesi del continente, in particolare in Spagna, Germania e Paesi Bassi, interessandosi alla costruzione di canali, alle infrastrutture idrauliche e ai primi sviluppi dell'industria, e maturando la convinzione che il progresso tecnico e scientifico fosse la chiave per riorganizzare la società.
Durante la Rivoluzione francese perse gran parte dei suoi beni a causa delle trasformazioni politiche e della fine dei privilegi nobiliari, ma sotto il Direttorio riuscì a ricostruire una fortuna personale grazie alla speculazione finanziaria e agli affari, per poi perderla nuovamente in età napoleonica, scivolando in una situazione economica precaria che lo costrinse a vivere, negli ultimi anni, con il sostegno di pochi amici e discepoli.
In questo periodo intrattenne contatti con ambienti scientifici e intellettuali parigini, probabilmente allievo o comunque vicino a d'Alembert, e si dedicò sempre più a un lavoro teorico sistematico sulla società industriale nascente.
A partire dai primi anni dell'Ottocento pubblicò una serie di scritti che gettarono le basi di quella che definì filosofia positiva applicata alla società: nella Lettre d'un habitant de Genève à ses contemporains (1803) e nei Mémoire sur la science de l'homme (1811) delineò l'idea che i problemi sociali dovessero essere affrontati con lo stesso rigore scientifico riservato alle scienze naturali.
Opere come Introduction aux travaux scientifiques du XIXe siècle (1808), Réorganisation de la société européenne (1814), scritta con Augustin Thierry, e i tre volumi del Du système industriel (1821‑1822) svilupparono la sua concezione di una società guidata dagli "industriali", cioè da scienziati, tecnici, imprenditori e lavoratori produttivi, in opposizione ai ceti parassitari dell'aristocrazia e del clero.
Saint‑Simon sosteneva che la funzione del potere politico dovesse essere quella di organizzare la produzione e garantire il miglioramento delle condizioni di vita delle classi più povere, anticipando così temi che verranno ripresi dal socialismo successivo e influenzando in modo diretto il giovane Auguste Comte, suo segretario e collaboratore per alcuni anni.
Nella celebre riflessione apparsa sul periodico L'Organisateur (1819) formulò l'idea che la Francia non subirebbe un grave danno se perdesse d'un colpo migliaia di funzionari politici e religiosi, mentre il paese sarebbe devastato dalla perdita di un pari numero di scienziati, ingegneri e artigiani altamente qualificati, riaffermando la centralità del lavoro produttivo e della competenza tecnica.
Negli ultimi anni accentuò la dimensione etico‑religiosa del suo pensiero nel Catéchisme des industriels (1823) e soprattutto nel Nouveau christianisme (pubblicato postumo nel 1825), dove interpretava il messaggio evangelico come un appello a considerare tutti gli uomini fratelli e a orientare la società verso il bene dei più poveri, proponendo una sorta di "nuovo cristianesimo" sociale.
Attorno a lui si raccolse un piccolo gruppo di discepoli che dopo la sua morte trasformò le sue intuizioni in un movimento politico‑religioso, il sansimonismo, attivo nella prima metà dell'Ottocento, che ebbe influenza anche su grandi progetti ingegneristici come i canali di Suez e di Panama e fu oggetto di critiche da parte di filosofi come Antonio Rosmini.
Il conte di Saint-Simon morì a Parigi il 19 maggio 1825, lasciando un pensiero che, pur spesso definito socialismo utopistico, è oggi riconosciuto come una delle matrici principali del socialismo francese (di cui è ritenuto fondatore) e del positivismo sociale, nonché un momento decisivo nella nascita dell'idea di società industriale organizzata su basi scientifiche.
Frasi di Claude-Henri de Rouvroy
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La società non vive d'idee negative, ma di positive.
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