151/162
Tutta l'infelicità degli uomini deriva da una causa sola: dall'incapacità di restarsene tranquilli, in una camera.
152/162
La scienza delle cose esteriori non mi consolerà dell'ignoranza della morale, nel tempo dell'afflizione; ma la scienza dei costumi mi consolerà sempre dell'ignoranza delle scienze esteriori.
153/162
L'uomo non è né angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vuol fare l'angelo fa la bestia.
154/162
Bisogna aver pietà gli uni degli altri. Ma per gli uni bisogna avere una pietà che nasce dalla tenerezza, per gli altri una pietà che nasce dal disprezzo.
155/162
La cosa più importante della vita è la scelta del mestiere: il caso ne dispone.
156/162
C'è negli uomini un altro istinto segreto, residuo della grandezza della nostra prima natura, che fa conoscere loro che la felicità vera è nel riposo e non nel trambusto.
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Non è necessario, perché siete duca, che vi stimi; ma è necessario che vi saluti.
158/162
Quando troviamo uno stile naturale restiamo sorpresi e incantati, perché dove ci aspettavamo di trovare uno scrittore scopriamo un uomo.
159/162
L'uomo non è che una canna, l'essere più debole della natura; ma è una canna che pensa. Non occorre che l'universo intero si armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d'acqua bastano a ucciderlo. Ma quand'anche l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe sempre più nobile di ciò che lo uccide, perché sa di morire, e del vantaggio che ha su di lui, l'universo non sa niente.
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Perché, infine, che cos'è l'uomo nella natura? Un niente in confronto all'infinito, un tutto in confronto al niente, qualcosa di mezzo fra niente e tutto.
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La grandezza dell'uomo è grande nel suo conoscersi miserabile. L'albero non si sa miserabile.
162/162
In una parola, l'uomo sa di essere miserabile: è dunque miserabile, poiché lo è; ma è ben grande, poiché lo sa.