Frasi di Ugo Ojetti

1/64

La solidarietà è la forza dei deboli. La solitudine è la debolezza dei forti.

2/64

L'Italia è un Paese di contemporanei senza antenati né posteri perché senza memoria di se stesso.

3/64

Grassa pigrizia quella per cui si chiama Dio tutto ciò che non si riesce a spiegare. Dio sarebbe la somma della nostra ignoranza?

4/64

Non aspettare che il vento gonfi la vela della tua fortuna. Soffiaci dentro da te.

5/64

Sì, la coscienza è uno specchio. Almeno stesse fermo. Più lo fissi, invece, e più trema.

6/64

Fammi un favore, e siimene grato.

7/64

II rimpianto è il passatempo degl'incapaci.

8/64

L'astuto è un uomo intelligente che ha paura d'essere un imbecille.

9/64

Essere un mediocre non è una pena. La pena è accorgersene. Ma è un mediocre chi s'avvede d'esserlo?

10/64

Una puntura di zanzara prude meno quando sei riuscito a schiacciare la zanzara.

11/64

Vedi di non chiamare intelligenti solo quelli che la pensano come te.

12/64

La giovinezza non sta nel mutare idee e passioni ogni giorno, ma nel provare ogni giorno le proprie idee e passioni contro la realtà, per vedere se tagliano.

13/64

Dai libri che leggi, posso giudicare della tua professione, cultura, curiosità, libertà. Dai libri che rileggi, conosco la tua età, la tua indole, quello che hai sofferto, quello che speri.

14/64

Il male è che la generosità può anche essere un buon affare.

15/64

Uno dei vantaggi del piacere sul dolore è che al piacere puoi dire basta, al dolore non puoi.

16/64

La noia è un'invenzione degl'infingardi.

17/64

La donna innamorata non perdona le offese che le ha fatto il suo uomo, le dimentica. L'uomo innamorato non dimentica le offese fattegli dalla sua donna, le perdona.

18/64

A odiare perdi tempo e salute. A disprezzare guadagni l'uno e l'altro.

19/64

Se vuoi assaporare la virtù, pecca qualche volta.

20/64

L'ignoranza è la palpebra dell'anima. La cali, e puoi dormire e anche sognare.

21/64

Forse l'esperienza giova a questo o a quell'uomo. All'umanità non giova a niente.

22/64

Quando la donna che t'ama, ti loda, non t'insuperbire: loda sé stessa.

23/64

Il genio senza ingegno è una barca senza remi.

24/64

Niente assomiglia tanto a una donna onesta quanto una donna disonesta della quale tu ignori le colpe.

25/64

Quando la tua donna sarà sicura di farti felice soltanto col suo amore, sii sicuro che per te comincia l'infelicità.

26/64

Una donna, in ogni consiglio che dà, anche senza volerlo mette un poco del proprio vantaggio. Segui pure il consiglio, ma prima misura quel vantaggio.

27/64

Il disprezzo del passato o è ignoranza o è paura.

28/64

L'uomo che afferma "Io posso quel che voglio" è un impotente.

29/64

La fede è d'oro, l'entusiasmo è d'argento, il fanatismo è di piombo.

30/64

Amare al buio, dormire al sole, mangiare in silenzio: tre sciocchezze.

31/64

L'amore in questo assomiglia a Dio: per raggiungerlo bisogna crederci.

32/64

La solidarietà è la forza dei deboli. La solitudine è la debolezza dei forti.

33/64

Il giornalista è il solo scrittore che, quando prende la penna, non spera nell'immortalità.

34/64

Chi descrive il proprio dolore, anche se piange è sul punto di consolarsi.

35/64

La felicità è un modo di vedere.

36/64

Credi nella bellezza e nel suo fascino eterno, in questa vita e forse nell'altra.

37/64

Molte anime nobili amano il prossimo loro soltanto quando è miserabile, ammalato, agonizzante; quando insomma sono sicure della loro superiorità.

38/64

Dubitare di se stessi è il primo segno d'intelligenza.

39/64

Dì bene del tuo nemico soltanto se sei certo che glielo andranno a riferire.

40/64

Se vuoi offendere un avversario, lodalo a gran voce per le qualità che gli mancano.

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Odio il punto esclamativo, questo gran pennacchio su una testa tanto piccola, questa spada di Damocle sospesa su una pulce, questo gran spiedo per un passero, questo palo per impalare il buon senso, questo stuzzicadenti pel trastullo delle bocche vuote, questo punteruolo da ciabattini, questa siringa da morfinomani, questa asta della bestemmia, questo pugnalettaccio dell'enfasi, questa daga dell'iperbole, quest'alabarda della retorica.
Quando, come s'usa nei nostri tempi scamiciati, ne vedo due o tre in fila sul finir d'un periodo, che sembrano gli stecchi sul didietro di un'oca spennata, chiudo il libro perché lo sento bugiardo.
Adesso v'è anche chi te l'accoppia con l'interrogativo, che par di veder Arlecchino appoggiato a Pulcinella.
Tanto odio questa romantica lacrimuccia nera quando la vedo sgocciolare sulla povera candida pagina, che in essa mi immagino di scoprire or la causa or l'effetto, certo il chiaro simbolo di tutti i mali delle nostre lettere, arti e costumi.
E se potessi far leggi, bandirei il punto esclamativo dalla calligrafia, dalle tipografie, dalle macchine da scrivere, dall'alfabeto Morse, con la speranza che a non vederlo più gli italiani se ne dimenticassero anche nel parlare e nel pensare, e pian piano espellessero dal loro sangue questo microbo aguzzo il quale dove arriva fa imputridire i cervelli e la ragione e rimbambisce gli adulti, accieca i veggenti, instupidisce i savi, indiavola isanti.
Il punto esclamativo è il servo scemo dell'interiezione.

42/64

Labbra diritte, mandibole prominenti, mento quadrato, è il suo volto fisso, volontario, diciamo classico.

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Se a taluno degli assidui più melomani si chiede quale è stato l'evento più straordinario tra tante bellezze, è probabile che risponda essere stata la stecca d'un tenore meritatamente celebre all'ultimo atto d'un'opera non tutta degna, ormai, d'essere celeberrima.

44/64

Si è sempre i meridionali di qualcuno.

45/64

Soltanto chi non ha più curiosità d'imparare, è vecchio: s'è tirato il lenzuolo sul volto, è come morto.

46/64

Credi in te stesso quando scrivi; dubitane, come un nemico, quando ti rileggi.

47/64

Nessuno dirà tanto male di te quanto la donna che non ami più.

48/64

Il contribuente italiano è come il cane: si affeziona a chi mangia la carne e gli lascia l'osso.

49/64

L'audacia non è sempre un sinonimo del coraggio. Può essere soltanto un segno di scarsa immaginazione.

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Si chiama Diritto quel momento in cui la forza si riposa e prende respiro.


Biografia di Ugo Ojetti