Frasi di Albert Einstein

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I crimini di cui gli ebrei sono stati incolpati nel corso della storia crimini intesi a giustificare le atrocità perpetrate contro di essi sono mutati in rapida successione [...] Le accuse contro di loro, accuse della cui falsità gli istigatori erano ogni volta perfettamente consapevoli, superavano ogni immaginazione, ma hanno influenzato ripetutamente le masse. [...] In questo caso, si può parlare di antisemitismo latente.

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In ogni società certe convinzioni e intenti comuni, certi interessi simili producono gruppi che, in un certo senso, agiscono come unità. Ci sarà sempre attrito tra tali gruppi, lo stesso tipo di contrapposizione e rivalità che esiste tra gli individui.

553/599

È noto, inoltre, che una lumaca può perdere il proprio guscio senza per questo cessare di essere una lumaca. L'ebreo che abbandoni la propria fede (nel senso formale della parola) è in una posizione analoga. Resta un ebreo.

554/599

Il legame che ha unito gli ebrei per migliaia di anni e che ancora oggi li unisce è, principalmente, l'ideale democratico della giustizia sociale, assieme a quello della vicendevole solidarietà e tolleranza tra tutti gli uomini. [...] Il secondo tratto caratteristico della tradizione ebraica è l'alta considerazione in cui è tenuta ogni forma di aspirazione intellettuale e di sforzo spirituale.

555/599

Gli ebrei come gruppo possono essere privi di potere, ma l'insieme delle conquiste dei loro singoli componenti è ovunque considerevole e proficuo, anche se a tali conquiste si è arrivati tra mille ostacoli.

556/599

Per il gruppo nazista gli ebrei non sono soltanto un mezzo per stornare il risentimento popolare da se stessi, gli oppressori; considerano gli ebrei un elemento non ammissibile, che non potrà mai essere spinto all'accettazione acritica del dogma, e che, di conseguenza, continuerà a minacciare, finché esisterà, la loro autorità, per l'insistenza con cui gli ebrei difendono l'illuminazione popolare delle masse.

557/599

L'odio che impazza contro di noi [ebrei] affonda le radici nel fatto che abbiamo sostenuto l'ideale della convivenza armonica e che gli abbiamo dato espressione con parole e coi fatti tra la maggior parte del nostro popolo.

558/599

Preferirei senz'altro che si arrivasse a un accordo ragionevole con gli arabi sulla base di una pacifica convivenza, che alla creazione di uno stato ebraico.

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A parte ogni considerazione pratica, la mia consapevolezza della natura essenziale del giudaismo respinge l'idea di uno stato ebraico con propri confini, un proprio esercito e una qualche forma di potere temporale, non importa quanto modesta. Ho paura del danno interno che il giudaismo ne deriverebbe, specialmente se tra le nostre file cominciasse ad allignare un angusto nazionalismo, contro il quale abbiamo già dovuto combattere con forza anche senza che esistesse uno stato ebraico. Non siamo più gli ebrei del periodo dei Maccabei. Un ritorno a una nazione nel senso politico del termine equivarrebbe all'allontanamento della nostra comunità dalla spiritualizzazione di cui siamo debitori al genio dei nostri profeti.

560/599

L'antisemitismo è sempre stato il mezzo più economico impiegato da minoranze egoistiche per ingannare il popolo.

561/599

I tedeschi sono responsabili come intero popolo di questi assassini di massa e come popolo vanno puniti, se nel mondo c'è giustizia e se nelle nazioni la coscienza della responsabilità collettiva non deve sparire definitivamente dalla terra. Dietro il partito nazista c'è il popolo tedesco, che ha eletto Hitler dopo che questi aveva manifestato con chiarezza e senza alcuna possibilità di fraintendimento nel suo libro e nei suoi discorsi le sue vergognose intenzioni.

562/599

Noi ebrei dovremmo essere e rimanere portatori e difensori dei valori spirituali. Ma dovremmo anche restare perennemente consapevoli del fatto che questi valori spirituali sono e sono sempre stati il fine comune di tutta l'umanità.

563/599

La saggezza e la moderazione dimostrate dalle guide del nuovo stato mi fanno confidare nel fatto, tuttavia, che un po' alla volta si stabiliranno con il popolo arabo relazioni basate su una cooperazione proficua e su un mutuo rispetto e fiducia. Perché è questo il solo mezzo con cui entrambi i popoli potranno conseguire un'indipendenza dal mondo esterno.

564/599

Gli ebrei di Palestina non hanno combattuto per puro amore dell'indipendenza politica, ma per conquistare la libertà d'immigrazione per gli ebrei dei molti paesi in cui la loro stessa esistenza era in pericolo; libertà d'immigrazione anche per tutti coloro che anelavano a una vita fra la propria gente. Non è un'esagerazione dire che abbiano combattuto per rendere possibile un sacrificio forse unico nella storia.

565/599

La teoria di Newton costituisce certo la più grande conquista mai compiuta dallo spirito umano nel tentativo di stabilire un nesso causale tra i fenomeni della natura. E tuttavia questa teoria mise non poco a disagio i contemporanei di Newton, poiché sembrava in contraddizione con il principio, dedotto da altre esperienze, che limita la possibilità di azioni reciproche alle sole azioni per contatto e nega la possibilità di azioni a distanza senza un mezzo interposto.

566/599

Pensiamo a un propagarsi di onde su una superficie d'acqua. Il fenomeno può essere visto in due modi differenti. Può pensarsi, cioè, che muti nel tempo la superficie ondosa che costituisce la frontiera tra acqua e aria; ma può pensarsi anche, riferendosi per esempio a corpuscoli galleggianti, che muti nel tempo la posizione di ogni singola particella liquida. Supponiamo che non si abbiano siffatti galleggianti a permetterci di osservare il moto delle particelle del fluido, e, in generale, che del fenomeno sia unicamente osservabile il cambiamento di posizione dello spazio occupato dall'acqua (cambiamento che avviene nel tempo). In tali condizioni non avremmo modo alcuno di supporre che l'acqua sia composta di particelle mobili, e tuttavia potremmo considerarla comunque un buon mezzo.

567/599

Sul ruolo che l'etere è chiamato a sostenere nella concezione del mondo fisico non si hanno ancora idee precise. Sappiamo che esso determina le relazioni metriche nel continuo spazio-temporale, per esempio le possibili configurazioni dei corpi solidi, come pure i campi di gravitazione; ma non sappiamo affatto se esso determini o meno in maniera essenziale la struttura delle particelle elettriche elementari che costituiscono la materia.

568/599

Secondo la teoria della relatività generale lo spazio è dotato di proprietà fisiche; in tal senso, un etere esiste, e anzi un spazio privo di etere è inconcepibile, perché non solo la propagazione della luce vi sarebbe impossibile, ma neppure avrebbe senso, per un tale spazio, parlare di regoli di misura e di orologi e neppure, di conseguenza, di distanze spazio-temporali nel senso della fisica. Non si deve tuttavia attribuire a tale etere la proprietà che caratterizza i mezzi ponderabili, quella cioè di essere costituito di parti che si possano seguire nel tempo: e neppure è lecito applicare ad esso il concetto di moto.

569/599

Se consideriamo quella parte della teoria della relatività che può, in un certo senso, essere oggi considerata come una conoscenza fisica acquisita, notiamo due aspetti che hanno, ai fini della teoria stessa, implicazioni rilevanti. Il primo riguarda il problema dell'esistenza o meno, in natura, di stati di moto privilegiati (problema della relatività fisica); è questa la chiave di volta dell'intera costruzione teoretica. Il secondo riguarda il fatto di ammettere solo concetti e distinzioni cui si possano associare, senza ambiguità, fatti osservabili (clausola che concetti e distinzioni abbiano significato fisico). Questo postulato, che attiene all'epistemologia, si rivela di importanza fondamentale.

570/599

La meccanica classica permette di tracciare una distinzione fra moti (assoluti) non accelerati e accelerati; inoltre essa asserisce che le velocità hanno un'esistenza soltanto relativa (dipendente dalla scelta del sistema di riferimento inerziale), mentre le accelerazioni e le rotazioni hanno un'esistenza assoluta (indipendentemente dalla scelta del riferimento inerziale). Questa situazione può essere espressa così: secondo la meccanica classica esiste la "relatività delle velocità" ma non la "relatività delle accelerazioni".

571/599

Secondo la teoria della relatività generale, la legge del moto di un punto nel puro campo gravitazionale è espressa dall'equazione della geodetica. In effetti tale linea è quella matematicamente più semplice, e nel caso particolare in cui le g[mv] siano costanti diventa una retta. Pertanto qui siamo di fronte alla traduzione del principio d'inerzia di Galilei nella teoria della relatività generale.

572/599

Un secondo problema che oggi è al centro dell'interesse riguarda l'identità tra campo gravitazionale e campo elettromagnetico. Una mente che aneli all'unificazione della teoria non può essere paga del fatto che debbano esistere due campi i quali, per loro natura, siano indipendenti tra loro. Si cerca una teoria del campo, unificata sotto il profilo matematico, in cui il campo gravitazionale e il campo elettromagnetico siano interpretati solo come componenti o manifestazioni diverse di uno stesso campo uniforme e in cui, se possibile, le equazioni del campo non consistano più in addendi tra loro logicamente indipendenti.

573/599

Può darsi che la soluzione del problema quantico richieda una trasformazione radicale delle equazioni generali, e addirittura la sostituzione di tutti i parametri con cui rappresentiamo il processo elementare: ebbene, anche in tal caso il principio di relatività non sarà mai abbandonato e le leggi da esso derivate in precedenza manterranno il loro significato almeno come leggi limite.

574/599

Cosa ci spinge, dunque, ad elaborare teoria dopo teoria? Perché, addirittura, formuliamo teorie? La risposta alla seconda domanda è semplice: perché amiamo "comprendere", ossia ridurre i fenomeni per mezzo del procedimento logico a qualcosa di già noto o (manifestamente) evidente. Prima di tutto sono necessarie nuove teorie quando si affrontano fatti nuovi che non possono essere "spiegati" da teorie esistenti. Ma questa motivazione è, per così dire, banale, imposta dall'esterno. C'è un'altra motivazione più sottile e di non minore importanza. Si tratta dello sforzo verso l'unificazione e la semplificazione delle premesse della teoria nel suo insieme (ossia, il principio di economia di Mach, interpretato come un principio logico).

575/599

La domanda è: c'è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra? È ormai sufficientemente risaputo che, col progredire della tecnica moderna, rispondere a questa domanda è diventato una questione di vita o di morte per la civiltà da noi conosciuta; eppure, nonostante la massima buona volontà, tutti i tentativi di soluzione sono miseramente falliti.

576/599

La ricerca della sicurezza internazionale implica che ogni Stato rinunci, entro certi limiti, alla propria libertà d'azione, vale a dire alla propria sovranità, ed è incontestabilmente vero che non v'è altra strada per arrivare a siffatta sicurezza.

577/599

L'uomo alberga in sé il bisogno di odiare e di distruggere. In tempi normali la sua inclinazione rimane latente, solo in circostanze eccezionali essa viene alla luce: ma è abbastanza facile attizzarla e portarla alle altezze di una psicosi collettiva. [...] E non penso affatto solo alle cosiddette masse incolte. La mia esperienza dimostra anzi che è proprio la cosiddetta "intellighenzia" a cedere per prima a queste rovinose suggestioni collettive, poiché l'intellettuale non ha contatto diretto con la realtà, ma la vive attraverso la sua forma riassuntiva più facile, quella della pagina stampata.

578/599

Il nostro lettore ha certamente imparato a conoscere, sui banchi di scuola, il superbo edificio della geometria di Euclide, e ricorderà più con reverenza che con amore, forse quella grandiosa costruzione, di cui ha passo passo salito la maestosa scalinata, pungolato per innumerevoli ore da coscienziosi insegnanti.

579/599

Non possiamo chiedere se sia vero che per due punti passa soltanto un'unica retta. Possiamo solamente dire che la geometria euclidea tratta di oggetti da essa chiamati "rette", attribuendo a ciascuna di queste rette la proprietà di essere univocamente determinata da due suoi punti. Il concetto di "vero" non si addice alle asserzioni della geometria pura, perché con la parola "vero" noi abbiamo in definitiva l'abitudine di designare sempre la corrispondenza con un oggetto "reale"; la geometria, invece, non si occupa della relazione fra i concetti da essa presi in esame e gli oggetti dell'esperienza, ma soltanto dalla connessione logica di tali concetti l'uno con l'altro.

580/599

Di fronte a tale dilemma pare che non vi sia modo di uscirne se non abbandonando o il principio di relatività o la semplice legge di propagazione della luce nel vuoto. Quanti fra i lettori hanno attentamente seguito la precedente discussione si attenderanno certamente che debba venir conservato il principio di relatività, il quale, per la sua semplicità e naturalezza, si raccomanda alla mente come pressoché irrefutabile, e che invece la legge di propagazione della luce nel vuoto debba venir sostituita da una legge più complicata che si conformi al principio di relatività. Lo sviluppo della fisica teorica ha dimostrato però che non possiamo seguire questa strada.

581/599

Un misterioso brivido coglie il non matematico quando sente parlare di entità "quadridimensionali": una sensazione non dissimile da quella risvegliata dall'apparizione di uno spettro sul palcoscenico. Tuttavia non esiste affermazione più banale di quella che il mondo in cui viviamo è un continuo spazio-temporale a quattro dimensioni.

582/599

Abbiamo allora la legge seguente: la massa gravitazionale di un corpo è uguale alla sua massa inerziale. Peraltro questa importante legge è stata finora registrata dalla meccanica, ma non interpretata. Un'interpretazione soddisfacente si può avere soltanto se riconosciamo il fatto seguente: la stessa qualità di un corpo si manifesta a seconda delle circostanze come "inerzia" o "pesantezza".

583/599

Nessuna teoria fisica potrebbe avere in sorte un destino più benigno, che quello di indicare la strada per la costruzione di una teoria più ampia, in cui essa continua a vivere come caso limite.

584/599

Se ci domandiamo come debba venir considerato l'universo, inteso quale un tutto, la prima risposta che si presenta da sé è certamente questa: l'universo è infinito per quanto riguarda lo spazio (e il tempo). Esistono dovunque delle stelle, per cui la densità della materia, sebbene sia molto variabile nei particolari, è nondimeno in media dovunque la stessa. In altre parole: viaggiando attraverso lo spazio in zone comunque lontane, troveremmo dappertutto uno sciame diradato di stelle fisse all'incirca dello stesso genere e della stessa densità. Questa concezione è incompatibile con la teoria di Newton. Secondo quest'ultima l'universo deve invece avere una specie di centro in cui la densità delle stelle è massima, e man mano che ci allontaniamo da questo centro la densità delle stelle deve diminuire, finché in ultimo, a distanze immense, le succede una zona infinito di vuoto. L'universo sidereo dovrebbe costituire un'isola finita nell'oceano infinito dello spazio.

585/599

Da un punto di vista gnoseologico schematico possiamo immaginare il processo evolutivo di una scienza empirica come un continuo processo di induzione. Le teorie appaiono come ricapitolazione di un gran numero di singole osservazioni entro leggi empiriche, dalle quali, mediante comparazione, si possono accertare le leggi generali. Sotto quest'aspetto lo sviluppo di una scienza ha qualche somiglianza con la compilazione di un catalogo. Costituisce, per così dire, un'impresa puramente empirica.

586/599

Occorre tener presente che esiste un numero infinito di spazi, i quali sono in moto gli uni rispetto agli altri. Il concetto di spazio come qualcosa che esiste oggettivamente ed è indipendente dalle cose appartiene già al pensiero prescientifico, non così però l'idea dell'esistenza di un numero infinito di spazi in moto gli uni rispetto agli altri. Quest'ultima idea è senza dubbio inevitabile da un punto di vista logico, ma per lungo tempo non svolse una parte importante nemmeno nel pensiero scientifico.

587/599

Se avessi solamente un'ora per salvare il mondo, passerei 55 minuti a definire bene il problema e 5 a trovare la soluzione.

588/599

Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi.

589/599

È piccolo il numero di persone che vedono con i loro occhi
e pensano con la loro testa.

590/599

Cualquier tonto puede saber. La cuestión es entender.

591/599

Quando si chiude una porta, si può aprire di nuovo, perché di solito è così che funzionano le porte.

592/599

Continua a piantare i tuoi semi, perché non saprai mai quali cresceranno. Forse lo faranno tutti.

593/599

Dove c'è volontà, c'è la strada.

594/599

Finiamola una volta per tutte con l'unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.

595/599

Mankind invented the atomic bomb, but no mouse would ever construct a mousetrap.

596/599

C'è una forza motrice più forte del vapore, dell'elettricità e dell'energia atomica: la volontà.

597/599

Senza il pensiero di te non vorrei più vivere in mezzo a questo triste branco di uomini.

598/599

La palabra progreso no tiene ningún sentido mientras haya niños infelices.

599/599

La gioia nell'osservare e nel comprendere è il dono più bello della natura.


Biografia di Albert Einstein