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Ogni progresso fa le sue vittime e, di fronte a un progresso torrenziale come questo, chi progetta il progresso si disinteressa delle vittime e chi difende le vittime non capisce il progresso.
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Si dice che la ricchezza non fa la felicità, ma bisogna ammettere che la simula molto bene.
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Non c'è creatività senza una fantasia sbrigliata che ci faccia sognare a occhi aperti e senza una spinta emotiva che ci incoraggi a osare il non-osato, a coprire gli spazi e superare gli ostacoli che separano i nostri sogni dalla loro realizzazione.
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Non c'è progresso senza felicità e il mondo non è felice perché oscilla tra disorientamento e paura.
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Poiché le categorie mentali mutuate dall'epoca industriale non sono più capaci di spiegarci il presente, noi siamo indotti a diffidare del futuro.
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Non è in crisi la realtà ma è in crisi il nostro modo di interpretarla.
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La creatività, a differenza di quanto generalmente si crede, non si identifica con la sola fantasia, ma consiste in una sintesi di fantasia e concretezza.
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La miseria genera disgregazione e i morsi della fame distruggono la spiritualità, cioè la parte più intima e sublime della nostra natura.
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Non c'è progresso senza felicità e non si può essere felici in un mondo segnato dalla distribuzione iniqua della ricchezza, del lavoro, del potere, del sapere, delle opportunità e delle tutele.
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La cultura della saggezza e la contemplazione della bellezza possono svelarci, dietro ogni motivo di paura, anche un'occasione di speranza.
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Nella politica-spettacolo basata sulla seduzione, un nodo mal fatto alla cravatta, un congiuntivo fuori posto o una semplice gaffe possono incrinare i consensi assai più di una proposta sciocca.