Biografia di Gianni Berengo Gardin

Nazione: Italia
Gianni Berengo Gardin nacque a Santa Margherita Ligure (GE) il 10 ottobre 1930 e morì a Genova il 6 agosto 2025. Fu fotografo e fotoreporter.
Veneziano di orgine, ma nato in Liguria perchè i suoi genitori si trovavano in villeggiatura lì, crebbe a Venezia, città che considerava la sua vera patria. La sua carriera fotografica iniziò nel 1954, quando pubblicò le sue prime fotografie sul settimanale Il Mondo diretto da Mario Pannunzio.
Da semidilettante, divenne poi fotografo professionista negli anni Sessanta, dopo essere stato ispirato da un parente americano che gli fece conoscere il lavoro di Cornell Capa (fratello di Robert capa) e la scuola della Magnum Photos. Questa svolta lo indirizzò verso un approccio verista e impegnato socialmente, che avrebbe caratterizzato tutta la sua produzione.
Dedicò la sua arte a raccontare la realtà italiana del dopoguerra, soffermandosi con attenzione ai temi sociali, al lavoro, alla vita quotidiana, all'architettura e al paesaggio.
Fu uno dei primi a entrare con la fotografia in luoghi chiusi come i manicomi, documentando con grande umanità e rigore reportage iconici come Morire di classe (1970), realizzato con Carla Cerati, che ebbe un forte impatto nella denuncia delle condizioni delle strutture psichiatriche e contribuì alla battaglia di riforma sanitaria di Franco Basaglia.
Con oltre 250 libri pubblicati e centinaia di mostre personali in Italia e all'estero, Berengo Gardin si è affermato come un maestro del bianco e nero, capace di cogliere la dignità e la complessità della società.
Tra i volumi più significativi della sua produzione si possono citare Dentro le case (1977), Dentro il lavoro (1979), Venezia e le grandi navi (2015), e Il gioco delle perle di Venezia (2016), quest'ultimo realizzato insieme a Marco D'Anna e lo scrittore Marco Steiner, un progetto ispirato all'universo del fumetto di Hugo Pratt.
Nel 2013 pubblicò Il racconto del riso, un reportage sulla Tenuta Colombara che vinse un premio nazionale e fu esposto a Expo 2015. La sua ultima attività di pubblicazione ha incluso anche volumi sul patrimonio architettonico e paesaggistico italiano.
Il suo lavoro in Italia fu legato a storici periodici come Epoca, Domus e L'Espresso, ma non mancarono anche testate straniere come Time, Le Figaro e Stern. Ebbe rapporti significativi con importanti intellettuali e artisti, tra cui il regista e sceneggiatore Cesare Zavattini, con cui aveva un'amicizia stretta, e con il già citato psichiatra riformatore Franco Basaglia.
Collaborò a lungo con l'architetto Renzo Piano, documentando i suoi progetti dal 1979 per più di un quindicennio. Tra i fotografi che influenzarono o furono suoi amici si possono ricordare Mario Dondero, Gabriele Basilico, Ferdinando Scianna, Sebastiao Salgado e Josef Koudelka.
Impegnato anche in campagne sociali, negli anni Novanta documentò per l'Associazione Italiana Sclerosi Multipla la realtà della malattia, offrendo un'importante testimonianza umana e sensibilizzando l'opinione pubblica.
Alla sua scomparsa lasciò un'eredità vastissima e imprescindibile per la fotografia documentaria italiana e mondiale, con uno sguardo sempre attento alla verità e all'essenza delle persone e dei luoghi che ha ritratto, tanto da vincere diversi premi e riconoscimenti. Complessivamente ha pubblicato più di 250 libri fotografici e le sue opere sono state esposte in innumerevoli mostre in giro per il mondo: dal MOMA di New York, alla Biblioteca Nazionale di Parigi e al Museo Guggenheim.
Veneziano di orgine, ma nato in Liguria perchè i suoi genitori si trovavano in villeggiatura lì, crebbe a Venezia, città che considerava la sua vera patria. La sua carriera fotografica iniziò nel 1954, quando pubblicò le sue prime fotografie sul settimanale Il Mondo diretto da Mario Pannunzio.
Da semidilettante, divenne poi fotografo professionista negli anni Sessanta, dopo essere stato ispirato da un parente americano che gli fece conoscere il lavoro di Cornell Capa (fratello di Robert capa) e la scuola della Magnum Photos. Questa svolta lo indirizzò verso un approccio verista e impegnato socialmente, che avrebbe caratterizzato tutta la sua produzione.
Dedicò la sua arte a raccontare la realtà italiana del dopoguerra, soffermandosi con attenzione ai temi sociali, al lavoro, alla vita quotidiana, all'architettura e al paesaggio.
Fu uno dei primi a entrare con la fotografia in luoghi chiusi come i manicomi, documentando con grande umanità e rigore reportage iconici come Morire di classe (1970), realizzato con Carla Cerati, che ebbe un forte impatto nella denuncia delle condizioni delle strutture psichiatriche e contribuì alla battaglia di riforma sanitaria di Franco Basaglia.
Con oltre 250 libri pubblicati e centinaia di mostre personali in Italia e all'estero, Berengo Gardin si è affermato come un maestro del bianco e nero, capace di cogliere la dignità e la complessità della società.
Tra i volumi più significativi della sua produzione si possono citare Dentro le case (1977), Dentro il lavoro (1979), Venezia e le grandi navi (2015), e Il gioco delle perle di Venezia (2016), quest'ultimo realizzato insieme a Marco D'Anna e lo scrittore Marco Steiner, un progetto ispirato all'universo del fumetto di Hugo Pratt.
Nel 2013 pubblicò Il racconto del riso, un reportage sulla Tenuta Colombara che vinse un premio nazionale e fu esposto a Expo 2015. La sua ultima attività di pubblicazione ha incluso anche volumi sul patrimonio architettonico e paesaggistico italiano.
Il suo lavoro in Italia fu legato a storici periodici come Epoca, Domus e L'Espresso, ma non mancarono anche testate straniere come Time, Le Figaro e Stern. Ebbe rapporti significativi con importanti intellettuali e artisti, tra cui il regista e sceneggiatore Cesare Zavattini, con cui aveva un'amicizia stretta, e con il già citato psichiatra riformatore Franco Basaglia.
Collaborò a lungo con l'architetto Renzo Piano, documentando i suoi progetti dal 1979 per più di un quindicennio. Tra i fotografi che influenzarono o furono suoi amici si possono ricordare Mario Dondero, Gabriele Basilico, Ferdinando Scianna, Sebastiao Salgado e Josef Koudelka.
Impegnato anche in campagne sociali, negli anni Novanta documentò per l'Associazione Italiana Sclerosi Multipla la realtà della malattia, offrendo un'importante testimonianza umana e sensibilizzando l'opinione pubblica.
Alla sua scomparsa lasciò un'eredità vastissima e imprescindibile per la fotografia documentaria italiana e mondiale, con uno sguardo sempre attento alla verità e all'essenza delle persone e dei luoghi che ha ritratto, tanto da vincere diversi premi e riconoscimenti. Complessivamente ha pubblicato più di 250 libri fotografici e le sue opere sono state esposte in innumerevoli mostre in giro per il mondo: dal MOMA di New York, alla Biblioteca Nazionale di Parigi e al Museo Guggenheim.
Frasi di Gianni Berengo Gardin
Abbiamo un totale di 6 frasi.
Ove necessario le abbiamo suddivise in pagine da 50 frasi ciascuna.
Intanto te ne inseriamo una qui come stuzzichino.
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Io fotografo la gente che normalmente non viene fotografata.
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